Mi ha raggiunto oggi con profonda tristezza la notizia della morte di don Pedro Casaldaliga.
Catalano, poeta, vescovo della Teologia della Liberazione, candidato più volte al Premio Nobel della Pace, era diventato famoso per la sua lotta in favore dei diseredati, dei contadini senza terra, delle comunità indigene, del patrimonio forestale.
Nell’estate del 1992 ho avuto il gran privilegio di conoscerlo. Ero andato a trovarlo nella nella sua diocesi di Sao Felix do Araguaia, nello Stato del Mato Grosso, per un’intervista in occasione dei 500 anni dalla Conquista dell’America. Ricordo che nel presentarmi gli dissi che ero italiano ma che mia moglie era di Barcellona. Allora don Pedro, sorridente, mi disse: “podem parlá en catalá (possiamo parlare in catalano).
Era nato a Balsareny, un piccolo paese in provincia di Barcellona. Da quando aveva iniziato la sua vocazione missionaria in Brasile, che ha svolto per oltre cinquanta anni, non era più tornato in Catalunya.
Identificato totalmente con i popoli oppressi dell’Amazzonia, il Brasile era diventata la sua terra ed è lì che ha voluto morire.
Che quella terra gli sia lieve…
In quell’intervista, Casaldaliga denunciava l’impossibilità della pace senza giustizia. Accusava il ruolo della dittatura militare, del capitalismo, del latifondo e delle grandi fazendas, come quella dell’italiana ENI Agip che in Mato Grosso possedeva un’estensione di un milione di ettari. Ma parlava anche della lotta degli indios e dei piccoli agricoltori contro l’invasione del capitalismo nelle campagne che, con il sostegno dall’esercito, aveva generato conflitti, violenze, detenzioni e morte.
Infine parlava della scoperta dell’America in termini di conquista imperialistica. Ricordava di come vi fossero 5 milioni di indigeni quando arrivarono i portoghesi nel XV secolo e di come ne restassero appena 300.000 in quel momento.
In conclusione, affrontava un tema di grandissima attualità: la questione ambientale ed ecologica, affermando che niente può trovare una soluzione senza politica. “Il nostro maggior problema è economico, sociale e politico”.
Qui di seguito un estratto del documentario con l’intervista a Don Pedro.