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Identificato totalmente con i popoli oppressi dell’Amazzonia, il Brasile era diventata la sua terra ed è lì che ha voluto morire.
Che quella terra gli sia lieve…
In quell’intervista, Casaldaliga denunciava l’impossibilità della pace senza giustizia. Accusava il ruolo della dittatura militare, del capitalismo, del latifondo e delle grandi fazendas, come quella dell’italiana ENI Agip che in Mato Grosso possedeva un’estensione di un milione di ettari. Ma parlava anche della lotta degli indios e dei piccoli agricoltori contro l’invasione del capitalismo nelle campagne che, con il sostegno dall’esercito, aveva generato conflitti, violenze, detenzioni e morte.
Infine parlava della scoperta dell’America in termini di conquista imperialistica. Ricordava di come vi fossero 5 milioni di indigeni quando arrivarono i portoghesi nel XV secolo e di come ne restassero appena 300.000 in quel momento.
In conclusione, affrontava un tema di grandissima attualità: la questione ambientale ed ecologica, affermando che niente può trovare una soluzione senza politica. “Il nostro maggior problema è economico, sociale e politico”.